L’importanza del gioco era già stata riconosciuta presso i Greci e i Romani, ma si trattava di una materia di studio, il gioco non era né spontaneo né piacevole.
L’idea di introdurre il gioco nel campo educativo risale a Rousseau. Prima di lui la scuola era concepita solo per un lavoro serio e disciplinato, dove l’allievo doveva imparare a memoria determinate nozioni e acquisire determinati comportamenti, in un clima di severità, ubbidienza e distacco.
Grazie ai pedagogisti moderni, si realizzò un’impostazione psicologica ed educativa dei giochi infantili.
Froebel, ad es., mette a disposizione dei bambini, riuniti nel “giardino d’infanzia” (la loro scuola), una serie di “doni” capaci di stimolare l’attività simbolica, evocativa, fantastica del bambino (ad es. egli pensava che la sfera potesse far maturare nel bambino l’idea del movimento, il cubo l’idea del riposo, ecc.). Quando ci si accorse che i “doni” erano troppo astratti, che il bambino ha bisogno di giocare con cose più agganciate alla sua vita quotidiana, si capì che i giochi imposti dall’insegnante ostacolavano la spontaneità e l’iniziativa individuale.
La Montessori ha cercato di graduare il materiale ludico alla maturità psicologica del bambino, col fine specifico di sviluppare le funzioni senso-motorie. Il bambino cioè veniva educato a riconoscere, attraverso il gioco, le sue diverse attività senso-motorie. Tale modalità di uso del materiale ludico poteva, però, sminuire il valore delle idee tipiche della vita infantile.
Dewey, Decroly, Claparède hanno cercato di fare del gioco un mezzo per sviluppare integralmente la vita psico-fisica del bambino.
Volpicelli ha sostenuto che il gioco è qualcosa di più di un’attività: «è l’aspetto creativo della vita, per quel che ha di nuovo e di personale, oltre la ritualizzazione, di quanto è ormai oggettivo e convenuto». Egli ha anche affermato che la creatività del gioco caratterizza il bambino nel suo modo di essere, di adattarsi all’ambiente, di crescere e di esprimere la sua umanità, «mentre l’arte è veramente creatrice, quando, distaccata dal suo artefice, attinge vita oggettiva».
In accordo a questa prospettiva Mencarelli ritiene che il gioco è per il bambino un modo di vivere, “giocando” egli esercita tutti i suoi poteri, «senza dispersioni, senza sperperi, senza precocismi».
Richter asserisce che il gioco ha un ruolo centrale nella dinamica inerente allo sviluppo dell’intelligenza. Pertanto il gioco è un’attività seria.
Jean Piaget e Sigmund Freud hanno evidenziato che l’attività ludica inizia quando il bambino prende coscienza dell’esistenza delle persone e delle cose che lo circondano.
Claparède ribadisce che un bambino che non sa giocare è in un adulto incapace non solo di pensare e di ragionare, ma anche di agire responsabilmente.
Fonte:http://www.ipbz.it/Generale/VisualizzaDescrSezione.aspx?area=6&id=739
giovedì 8 luglio 2010
martedì 6 luglio 2010
TEORIE PSICOLOGICHE/BIOLOGICHE
Queste teorie cercano di spiegare la ragione che spinge l’individuo a giocare:
1. Gioco come “sfogo” cioè il soggetto dispone di una così grande carica energetica che ha bisogno di scaricare, facendo qualunque tipo di gioco. È stato però osservato che a volte il bambino gioca anche dopo l’insorgere della stanchezza; inoltre la teoria, non spiega il motivo per cui un bambino sceglie un gioco piuttosto che un altro.
2. Gioco come residuo di funzioni ataviche, secondo cui il soggetto riproduce spontaneamente alcune attività che oggi appaiono inutili. Ad es. la lotta soddisfa una tendenza ancestrale; attuandola il soggetto se ne libera, in quanto considera l’avversario un partner indispensabile. Trascorrere giocando tra bambini molto tempo nell’infanzia aumenta le probabilità di socializzare soddisfacentemente da adulti. Ciò in base alle considerazioni teorizzate da Haeckel nella sua legge bio-genetica, secondo la quale lo sviluppo dell’individuo ricapitola l’evoluzione della specie (ad es. bambino = uomo primitivo). Questa teoria può, però, spiegare giochi come la lotta, la corsa, l’inseguimento, la caccia..., ma non può spiegare molti altri giochi frutto dell’imitazione dell’adulto da parte del bambino.
3. Gioco come sfogo e sviluppo, secondo cui da un lato esso sviluppa e conserva le funzioni utili alla vita adulta e, dall’altro, agisce come una valvola di sicurezza per scaricare l’energia di alcune tendenze antisociali che l’individuo si porta con sé dalla nascita.
4. Gioco come esercizio preparatorio, secondo cui l’attività ludica ha il compito di esercitare funzioni biologiche che saranno poi utilizzate nella vita adulta (ad es. il gattino salta sul gomitolo che gli rotola davanti e lo addenta, come in seguito farà col topo). Questa teoria è stata accettata da pedagogisti come Frobel, Claparède e Decroly.
Fonte: http://www.ipbz.it/Generale/VisualizzaDescrSezione.aspx?area=6&id=739
domenica 4 luglio 2010
I GIOCATTOLI
Spesso per tradurre in concreto le loro immaginazioni i bambini hanno bisogno di oggetti. Possiamo definire giocattoli “quei materiali che ispirano, sollecitano, stimolano il gioco”. Alcuni giocattoli (bambole, orsacchiotti, oggetti morbidi e caldi), secondo la maggior parte degli studiosi, sono insostituibili: essi rappresentano, per i bambini e le bambine, simbolicamente la figura del genitore e, nei momenti di frustrazione, gli amici con cui dialogare. I bambini durante il gioco si divertono, ma nello stesso tempo fanno qualcosa di serio, pur se gli adulti faticano a riconoscerlo. La televisione propone giocattoli che soffocano la spontaneità dei bambini, tutti devono giocare con gli stessi oggetti. È un condizionamento precocissimo all’uniformità, al subire la moda. Il giocattolo può facilitare la conoscenza della realtà contribuendo a liberare le capacità immaginative del bambino, sollecitando una «forte attività di rappresentazione mentale…». I giochi standard o imposti dal marketing uccidono l’immaginazione. Non c’è giocattolo che possa stimolare le capacità ludiche e creative del bambino e introdurlo al gusto di far da sé, di inventare, di giocare collocandosi nella prospettiva del “come se”, più degli elementi naturali (sabbia, acqua). Alcuni giochi possono essere occasione di autentico divertimento e stimolano la ricerca di compagni di gioco. Il valore di questi giochi è dovuto anche alla povertà dei materiali con cui sono costruiti. È proprio a causa della loro semplicità che lasciano grande spazio alla fantasia e, i bambini, di fantasia ne hanno da vendere. Al contrario i giochi moderni mettono da parte il bambino. Il giocattolo svolge un ruolo di facilitazione dello sviluppo del linguaggio gestuale e verbale; esso è bene che sia “un po’ incompleto” ma non grossolano, né troppo approssimativo riguardo alla fedeltà nella riproduzione della realtà, perché «il giocattolo incompleto stimola il bambino alla costruzione di accessori e quindi a sempre nuove e diverse situazioni di gioco». È superfluo ricordare che il bambino usa sia il materiale formale che informale o separatamente o insieme per costruire la “sua realtà”, il mondo del “come se…” di cui egli è indiscusso regista… Pertanto la qualità del giocattolo è data dalla qualità del rapporto che si instaura tra lui e “l’oggetto”. Per favorire un rapporto creativo tra il bambino, il gioco e il giocattolo è indispensabile riconoscere i bambini come soggetti attivi, originali, intraprendenti, attori della loro crescita e della loro educazione, desiderosi di crescere e di affermare la loro umanità.
Fonte:http://www.ipbz.it/Generale/VisualizzaDescrSezione.aspx?area=6&id=739
Immagine: http://images02.olx.it/ui/2/49/64/19244564_3.jpg
domenica 27 giugno 2010
GIOCO E ADULTO
Negli ultimi decenni è stata data molta importanza alle relazioni familiari, al loro influsso sulla personalità e sulla socializzazione dei bambini. Esse infatti agiscono come rinforzo e come motivazione per il raggiungimento di nuovi obiettivi educativi. Il gioco è la migliore forma di attività infantile, necessaria per tutti i bambini quindi è bene utilizzarla correttamente per favorire il loro sviluppo globale. Uno studio recente sui giochi più adatti ad ogni singola età, ha messo in rilievo che nei primissimi anni di vita, il gioco più apprezzato ed amato dal bambino è normalmente sua madre o, in via del tutto eccezionale, “quella” persona adulta che si prende cura di lui. Il bambino fin da piccolo avverte un fascino speciale nei confronti della madre, per esempio quando ascolta la sua voce, quando lo accarezza. La mamma, per il bambino, è tutto ed è per questo che spesso si sente affermare che la madre è un “giocattolo universale”. La funzione dell’adulto è primariamente quella di osservare ed ascoltare il bambino, per riuscire a cogliere i suoi ritmi e le sue iniziative, poi di aiutarlo a dare un nome alle cose ed un senso alle azioni. L’adulto dovrebbe avvicinarsi al bambino che gioca, accettare di essere suo complice o compagno nelle avventure sognate, creando un’attività ludica, lo spazio, il modo, i materiali, gli accessori, gli spunti per giocare, costruire, collezionare, sperimentare, disegnare, recitare. Non è utile organizzare o capire, ma piuttosto stare insieme al bambino quando si diverte. Oggi purtroppo viviamo in un’epoca in cui molti genitori e molti madri, a causa del lavoro, non hanno molto tempo a disposizione da dedicare ai loro figli. Tutto questo crea fratture nella comunicazione tra genitori e figli. Infatti il gioco unisce i bambini agli adulti e viceversa. Si può affermare che giocare è il miglior modo di educare ed è ingenuo pensare che basti lasciar giocare i bambini o farli giocare. Mandare il bimbo a giocare da solo nella sua stanza può sembrare come una “punizione” e può sentirsi messo da parte, isolato o scaricato. L’adulto che partecipa al gioco dei bambini garantisce i confini e la sua presenza sembra dare tono al gioco. Il gioco è basilare per crescere anche quando si è cresciuti. Giocare e mettersi in gioco fa ritrovare la nostra vera anima, permette di ritrovarsi nell’intimo, aiuta ad allentare le tensioni, fa sentire vivi e pulsanti. È importante continuare a giocare, a qualunque età, per rilassarsi e per stare con gli altri.
Fonte: http://www.ipbz.it/Generale/VisualizzaDescrSezione.aspx?area=6&id=739
Fonte: http://www.ipbz.it/Generale/VisualizzaDescrSezione.aspx?area=6&id=739
giovedì 24 giugno 2010
IL RUOLO DELL'ADULTO
Il gioco vede non solo il bambino, ma anche l’adulto, coinvolto sia come giocatore sia come trasmettitore di valori ludici. Il gioco per l’adulto è visto come svago, divertimento, ricreazione, vacanza, tempo libero. Il gioco invece consente al bambino di proiettarsi nel futuro, di prospettarsi diverso da come è. Se per l’adulto il gioco è regressione, per il bambino è crescita, ma la matrice è comune: il primato della soggettività nella fruizione/creazione simbolica. In questo senso Bondioli propone una pedagogia del gioco che ritiene ancora tutta da inventare, ma già presente nei contesti prescolari, intesa come educazione sentimentale cioè rivolta all’ascolto dell’interiorità infantile attraverso una condivisione partecipata che ha come principali finalità la costruzione dell’identità personale, la promozione dell’autonomia e della progettualità, il governo pulsionale, l’accesso alle realtà simboliche, il decentramento empatico al di là del fatto che ovviamente il bambino attraverso il gioco conosce, sviluppa le proprie capacità e si introduce nelle relazioni. I compiti dell’adulto sono quindi non quelli del maestro, o dell’istruttore o del divulgatore, ma quelli del COMPAGNO ESPERTO capace di condividere un’area di esperienza e di contribuire ad arricchirla. Bondioli (Bondioli, A. Gioco e educazione, cit.) dedica quindi un’ampia disamina dei diversi contributi circa il ruolo dell’adulto nel gioco infantile, distinguendo tra educatore e terapeuta, ma approfondendo l’idea che a giocare s’impara giocando con un adulto che condivide il gioco del bambino e il piacere che ne deriva, lo valorizza, lo sostiene e, per certi versi lo guida, senza prevaricare.
Fonte: fenal.it/doc/asilonido/Il%20gioco.doc
sabato 19 giugno 2010
L'osservazione dei bambini nei spazi-gioco
Le scuole dell’infanzia di Montichiari, quest’anno vogliono puntare l’attenzione sull’osservazione come modalità per la costruzione di nuovi spazi/ambienti sia interni alle sezioni che esterni. Metteremo a fuoco i momenti che precedono l’osservazione, il durante, e il dopo.
PRIMA DELL’OSSERVAZIONE
Per prima cosa è necessario mettere a disposizione del bambino spazi, tempi, materiali per giocare con i coetanei ed arricchire gli angoli con materiali familiari. Lo spazio favorevole all’evoluzione del gioco simbolico è uno spazio “protetto”.
DURANTE L’OSSERVAZIONE
Avendo come obiettivo l’osservazione degli spazi utilizzati dai bambini durante i giochi simbolici, risulta di primaria importanza tener conto di tre elementi: non è detto che il gioco simbolico si manifesti QUANDO noi lo desideriamo e siamo pronti ad osservarlo, infatti, in quanto gioco, è un’attività spontanea, cioè liberamente scelta e scelta per il piacere di svolgerla. Non è detto che si manifesti COME noi ce lo aspettiamo, è necessario quindi evitare che l’occhio dell’osservatore sia guidato da ciò che si aspetta d’osservare che da ciò che “effettivamente”scorre sotto gli occhi. Non è detto che il bambino inoltre giochi sempre al meglio delle sue possibilità: lo stesso bambino può giocare in modo più o meno ricco o povero a seconda del contesto specifico in cui si trova; Winnicot (1971) a questo proposito afferma che il bambino si dedica a un gioco profondamente creativo solo se rilassato, ed è rilassato solo se gioca di fronte ad un adulto di cui si fida.
DOPO L’OSSERVAZIONE
I protocolli osservativi verranno successivamente esaminati dagli insegnanti per cogliere quegli elementi che saranno più ricorrenti, interessanti, e curiosi per poi determinare l’evoluzione degli spazi.
QUANDO OSSERVARE
L’osservazione dell’utilizzo durante il gioco dei vari angoli, avverrà in giorni scelti dagli insegnanti.
I TEMPI DELL’OSSERVAZIONE
I bambini devono avere a disposizione, per garantire la qualità del gioco, almeno trenta minuti o anche più affinché il gioco si evolva.
Fonte: http://www.infantiae.org/giocomarcolini.asp
mercoledì 16 giugno 2010
18-36 mesi e oltre
In quest’ultima fascia d’età che propongo si afferma e si evolve il gioco simbolico: le rappresentazioni mentali più stabili degli oggetti e delle azioni si arricchiscono dei significati ad essi attribuiti dal contesto socio-culturale di appartenenza, le manifestazioni diventano sempre più ricche ed evolute rispetto a cinque dimensioni:
1- capacità di decontestualizzazione, cioè di pensare e comportarsi in modo sempre più indipendente dalle caratteristiche della realtà percepita (se riproduco una certa situazione: gioco a mamma e papà a casa mia, sono in un certo contesto più vicino alla realtà; gioco a mamma e papà al nido in una casetta, sono abbastanza lontano ma ancora vicino; gioco a mamma e papà su un tappeto, sono sempre più lontano; il processo mentale è più evoluto, e così anche lo sviluppo affettivo e sociale).
2-capacità di decentramento, cioè di tenere sempre più in considerazione i punti di vista diversi dal proprio. Utilizzo dell'oggetto come essere animato (il bambolotto diventa un bambino allora ha anche un proprio pensiero, allora il bambino interpreta i suoi punti di vista ma anche quelli del bambolotto che gli dice di fare qualcosa, quindi il bambino risponde, oppure dice o fa fare qualcosa al bambolotto), spesso prima si usa il fratellino o il compagno più piccolo oppure far finta di avere un bambino in braccio e di portarlo in giro e di riversare su questo bambino ipotetico pensieri, sentimenti e punti di vista.
3-capacità di integrazione cioè di articolare sempre più elementi in modo sempre più coerente (è importante allestire altri ambienti per far agire altri ruoli, per stimolare altre azioni, eventi conosciuti o contesti immaginari (l'ufficio o la giungla... mamma e papà: due bambini giocano a preparare la pappa, si siedono e mangiano, vado io a cucinare qualcosa -il copione è invertito-, mangiano, poi lavano i piatti -il copione si arricchisce-, vanno a letto).
4-capacità di controllo dell'esecuzione, cioè di utilizzare il linguaggio per pianificare, guidare, e condividere l'esecuzione dei propri progetti (ci sono dei bambini che mentre giocano parlano("adesso lavo i piatti perché c'è disordine") il bambino prevede, guida le sue azioni esprimendo e controllando l'esecuzione e può anche verbalizzare e socializzare dicendo: dai, vai a lavar i piatti che non si può far da mangiare perché sono ancora sporchi.
5-capacità sociale, cioè di orientare, condividere, coordinare sempre più le proprie intenzioni e i propri comportamenti da quelli altrui (area cooperativa, conflittuale da negoziare: se un bambino dice: "vai a lavare i piatti" e l'altro risponde:" io non li lavo perché li ho già lavati prima" il primo deve negoziare).
Fonte: http://www.massaggiocreattivo.com/gioco_simbolico.htm
Immagine: http://www.tuttoggi.info/media/images/15935/norcianido1.jpg
venerdì 11 giugno 2010
12-18 mesi
Continuiamo a vedere come si sviluppa il gioco simbolico nelle altre fasce d'età.
12-15 mesi: inizia il gioco simbolico ma il primo passaggio è ancora legato al nascondere e ritrovare gli oggetti. Inizia la capacità di pensare all'oggetto anche quando non c'è, troviamo quindi il riconoscimento del " non me". Troviamo la comprensione della differenza tra gli eventi controllabili e quelli indipendenti dalla sua volontà (es: una palla rotola e il bambino non riesce più a trovarla, è indipendente dalla sua volontà, a differenza dell'oggetto buttato dal bambino per terra che rimane lì fino a che qualcuno non glielo dà). Si individua l’ espressione dei sentimenti di rabbia; iniziano i giochi del nascondersi e ritrovarsi con gli altri; inizia la consapevolezza della reciprocità (iniziano alcune abilità sociali); la rassicurazione dalla sperimentazione della separazione e riavvicinamento.
15-18 mesi: a 18 mesi fa il suo esordio la capacità di rappresentazione mentale: il gioco simbolico. Si usano oggetti come prototipi di se stessi ( ad es. usare il cuscino per appoggiare la testa e far finta di dormire); si usano degli oggetti per rappresentare altro; inizia la rappresentazione mentale di azioni e oggetti non presenti; capacità di associare la rappresentazione mentale a quella relativa ad un oggetto, presente percepito (ho visto le macchinine per cui prendo qualunque oggetto che ho qui e mi metto a fare la macchinina; il cuscino non è solo quello bello e colorato..), capacità di far prevalere l'elemento immaginato su quello percepito.
Fonte: http://www.massaggiocreattivo.com/gioco_simbolico.htm
12-15 mesi: inizia il gioco simbolico ma il primo passaggio è ancora legato al nascondere e ritrovare gli oggetti. Inizia la capacità di pensare all'oggetto anche quando non c'è, troviamo quindi il riconoscimento del " non me". Troviamo la comprensione della differenza tra gli eventi controllabili e quelli indipendenti dalla sua volontà (es: una palla rotola e il bambino non riesce più a trovarla, è indipendente dalla sua volontà, a differenza dell'oggetto buttato dal bambino per terra che rimane lì fino a che qualcuno non glielo dà). Si individua l’ espressione dei sentimenti di rabbia; iniziano i giochi del nascondersi e ritrovarsi con gli altri; inizia la consapevolezza della reciprocità (iniziano alcune abilità sociali); la rassicurazione dalla sperimentazione della separazione e riavvicinamento.
15-18 mesi: a 18 mesi fa il suo esordio la capacità di rappresentazione mentale: il gioco simbolico. Si usano oggetti come prototipi di se stessi ( ad es. usare il cuscino per appoggiare la testa e far finta di dormire); si usano degli oggetti per rappresentare altro; inizia la rappresentazione mentale di azioni e oggetti non presenti; capacità di associare la rappresentazione mentale a quella relativa ad un oggetto, presente percepito (ho visto le macchinine per cui prendo qualunque oggetto che ho qui e mi metto a fare la macchinina; il cuscino non è solo quello bello e colorato..), capacità di far prevalere l'elemento immaginato su quello percepito.
Fonte: http://www.massaggiocreattivo.com/gioco_simbolico.htm
mercoledì 9 giugno 2010
GIOCO SIMBOLICO nelle diverse fasce d'età
Ora vedremo più da vicino come si sviluppa il gioco simbolico nelle diverse fasce d’età:
0-4 mesi: giochi col corpo, esercizi a vuoto, schemi azione per conoscere il proprio corpo. Iniziano scambi giocosi faccia a faccia gestiti dall'adulto (adulto come oggetto, come giocattolo: gioca con il suo corpo, propone altri oggetti giochi ad esempio gli dà un pupazzo, campanellino...).
4-12 mesi: dagli otto mesi inizia il processo di acquisizione della permanenza dell'oggetto e la comprensione della relazione causa-effetto. Inizia il gioco con gli oggetti per esplorare le loro proprietà (manipolazione cibo e cucchiaino, dare e prendere, lanciare e far raccogliere, controllare movimenti con oggetti, ripetere e prevedere sequenze ad es. prevedere la relazione causa-effetto).
Fonte: http://www.massaggiocreattivo.com/gioco_simbolico.htm
Immagine1: http://webstorage.mediaon.it/media/2010/03/126267_489588_ARGENTINA__8927340_medium.jpg
0-4 mesi: giochi col corpo, esercizi a vuoto, schemi azione per conoscere il proprio corpo. Iniziano scambi giocosi faccia a faccia gestiti dall'adulto (adulto come oggetto, come giocattolo: gioca con il suo corpo, propone altri oggetti giochi ad esempio gli dà un pupazzo, campanellino...).
4-12 mesi: dagli otto mesi inizia il processo di acquisizione della permanenza dell'oggetto e la comprensione della relazione causa-effetto. Inizia il gioco con gli oggetti per esplorare le loro proprietà (manipolazione cibo e cucchiaino, dare e prendere, lanciare e far raccogliere, controllare movimenti con oggetti, ripetere e prevedere sequenze ad es. prevedere la relazione causa-effetto).
Fonte: http://www.massaggiocreattivo.com/gioco_simbolico.htm
Immagine1: http://webstorage.mediaon.it/media/2010/03/126267_489588_ARGENTINA__8927340_medium.jpg
domenica 6 giugno 2010
LE FINALITA' DEL GIOCO SIMBOLICO
Per quanto riguarda l’aspetto cognitivo, si sperimenta nel trovare l'identico nel diverso (ad es. un bastoncino come cucchiaio), che sta alla base dei processi cognitivi superiori di analisi e sintesi. Trova spazio in ciò anche l’intuizione e la creatività.
Dal punto di vista sociale, si tratta di sperimentare punti di vista diversi dal proprio, esplorare il significato sociale degli altri ruoli quindi non basta allestire ad esempio la casetta familiare ma andare oltre al contesto familiare e al proprio ruolo; si può sperimentare il proprio ruolo proiettato nel futuro; attivare e acquisire tecniche di negoziazione dei conflitti infatti è meglio che i bambini sappiano gestire i conflitti all'interno del gioco simbolico, ciò può diventare significativo e costruttivo e dare un altro tipo di apprendimento e di costruzione di significati condivisi (nel partecipare al gioco con i coetanei).
Dal punto di vista affettivo invece si esplora il proprio mondo interno con fantasie, pensieri e sentimenti rappresentati in modo più o meno consapevoli. Si sperimentano situazioni reali arricchite dalla propria fantasia (Es. faccio la mamma e il papà però ci aggiungo del mio, del mio mondo immaginario sperimentando i limiti della realtà e le sue fantasie). Si vivono poi situazioni problematiche da soggetto attivo potendole trasformare a proprio favore, elaborarle e padroneggiarle (Es. ho subito una sgridata dalla mamma, ma adesso sono io che posso sgridare qualcuno, oppure qualcuno mi sgrida ma io posso reagire in modo diverso).
Fonte: http://www.massaggiocreattivo.com/gioco_simbolico.htm
Immagine: http://www.stazionediconfine.it/public/images/bambini.jpg
giovedì 3 giugno 2010
IN OGNI BAMBINO (D.W. Winnicot "Bambino e mondo esterno")
sabato 29 maggio 2010
WINNICOTT
Winnicott è l'autore che ha portato nuovi concetti riguardo il gioco simbolico, sottolineando l'importanza di «quell'area intermedia» in cui ciascuno può giocare le proprie progettualità immaginarie in rapporto ad una realtà significata. Winnicott dice: "...esiste un'area inter-media di esperienza a cui contribuiscono la realtà interna e la vita esterna. È un'area che non viene messa in dubbio, poichè nessuno la rivendica, se non per il fatto che esisterà come posto di riposo per l'individuo impegnato nel perpetuo compito umano di mantenere separate, e tuttavia correlate, la realtà interna e la realtà esterna". Con ciò l'autore esprime l'esistenza di una terza realtà che "...costituisce la maggior parte d'esperienza del bambino e per tutta la vita viene mantenuta nella intensa esperienza che appartiene alle arti, alle religioni, al vivere immaginativo ed al lavoro creativo scientifico".
Winnicott afferma: "l'area di gioco è uno spazio potenziale tra la madre e il bambino". Questo per dire che l'area di gioco ha uno spazio e un tempo che non sono all'interno né all'esterno, ma in uno spazio ed in un tempo intermedio tra il sé e la realtà. Il sé ha bisogno di soddisfazione dei bisogni e dei desideri, protezione ed amore materno. La realtà esterna invece necessita di momenti di distacco dalla protezione e dall'amore materno. Tra queste due forze in opposizione abbiamo l'azione, che svolge una funzione itermediaria tra l'interno e l'esterno, tra la rappresentazione mentale e la realtà. L'azione quindi modella il reale al proprio progetto e nello stesso tempo il reale modella il risultato del progetto. E’ proprio l'azione che assume tutto il valore del gioco simbolico in quanto, tramite questa, il bambino effettua la mediazione tra il sé e la realtà. Le caratteristiche del gioco simbolico sono: la rappresentazione del significato reale, l'uso di simboli, la coscienza di una finzione rispetto alla realtà rappresentata, la volontà di modellare la realtà alla propria progettualità, la carica emozionale di piacere, l'uso da solo, con uno o più compagni, ma soprattutto la volontà che sia gestito in proprio o in comunità con i pari. Il bambino nel gioco simbolico ha l'Io ben strutturato, solido, cosciente della realtà e relativi limiti, capace di interrompere la finzione con immediatezza per adeguarsi al reale in caso di necessità.
Il gioco simbolico viene preceduto dalla semplice imitazione dell’attività dell’adulto, ma in seguito apporta le sue modifiche e interpretazioni delle esperienze che rappresenta nel gioco simbolico; è in questa fase che sperimenta (facendo finta con un agito) i suoi desideri e i suoi progetti, in parte adattandoli al reale dell’adulto.
Ad esempio: un bambino usa un bastone facendo finta che sia un fucile per far scappare un ladro o un nemico; cammina a carponi e fa il verso del cane chiedendo le carezze alla madre; stende l’orsacchiotto su uno straccio e lo fa dormire come fa la madre con lui alla sera. Il bambino in questi casi usa come simboli: il bastone, il camminare a carponi facendo il verso del cane, il far dormire l’orsacchiotto; nel contempo li distingue dal reale: il fucile, il cane e il dormire. L’inizio del gioco simbolico si verifica nella media tra i 24 e i 30 mesi, ma entro i 36 mesi l’acquisizione è nella norma; attualmente sempre più frequentemente il gioco simbolico compare prima dei due anni, in poche casi anche a 16-18 mesi. L’acquisizione del gioco simbolico realizza un livello importante nella progressione evolutiva della persona e della sua affermazione.
L'adulto verso il gioco simbolico ha un atteggiamento di scarsa disponibilità e di norma, se avviene, dura pochi minuti. Per carenza di coetanei l’adulto può essere chiamato a parteciparvi, ma in tale caso viene governato e gestito dal bambino.
Fonte: http://www.csppni.it/Tematiche/GiocoSimbolico.pdf
mercoledì 26 maggio 2010
OGGETTI, MATERIALI ED EDUCABILITA’
Come già detto, per gioco simbolico, si intende una delle attività più importanti e fondamentali di un bambino che gli permette di strutturare il proprio sviluppo cognitivo, sociale e affettivo. Questo tipo di gioco va ad influenzare le personalità infantili e più il bambino saprà sviluppare questo tipo di esperienze più si qualificheranno le sue abilità cognitive, socio-affettive relazionali.
Come già sappiamo il gioco simbolico è caratterizzato dal fatto che i bambini si “teletrasportano” in un mondo che non è la realtà ricoprendo ruoli diversi e ben definiti, ma uno degli aspetti che non è stato ancora ben descritto è il fatto che nel gioco simbolico un elemento fisicamente presente viene utilizzato per rappresentare un elemento assente, ma evocato mentalmente. Quindi non si tratta solo di azioni, identità e situazioni, ma anche oggetti. Ad esempio una matita viene utizzata come se fosse un bicchiere o una scatola di cartone come una tana. Questo tipo di contatto con gli oggetti fa si che i bambini trovino qualcosa al di là della realtà. Il bambino vive questo tipo di gioco con impegno e serietà nel ricoprire il suo ruolo. Il muovere, il far cadere, il toccare, lo spostare, suscitano nel bambino interesse e conoscenza. Tutte queste considerazioni vedono nel gioco simbolico un aspetto positivo e prendono in causa la scuola dell’infanzia e gli educatori che si occupano con impegno e organizzazione del contesto educativo e a predisporre tutte le occasioni didattiche idonee a promuovere il gioco simbolico. E’ importante per questo che l’educatore predisponga del materiale ricco di diversificazione per consentire al bambino giochi di finzione, di identificazione e di immaginazione. E’ necessario inoltre che vi siano diversi tipi di materiali come stoffe, mantelli, cappelli, borse, bambole, pupazzi, piatti bicchieri, posate, passeggini ecc...
L’insegnante deve inoltre assecondare le proposte di gioco dei bambini riprendendole verbalmente o eseguendole per comunicare attenzione, senso d'importanza e disponibilità nei confronti di un'attività cui loro stessi attribuiscono importanza, ponendo domande di chiarimento sulle proposte di gioco dei bambini, per sollecitare la pianificazione, l'esplicitazione, lo sviluppo e l'articolazione coerente delle loro intenzioni ludiche.
Fonte: http://www.infanziaweb.it/scuola/sc_gioc_simb.htm
giovedì 20 maggio 2010
RIFERIMENTI TEORICI
Vygotskij, uno psicologo sovietico, sottolinea l'importanza del gioco, soprattutto in età prescolastica, in quanto offrirebbe al bambino l’ opportunità di compiere varie esperienze. Secondo questo autore attraverso la finzione ludica il fanciullo allarga il proprio campo di azione e di conoscenza, esprimendo principalmente il proprio bisogno di conoscere e di adattarsi al mondo.
L'attività creativa, l'inventività, deriverebbero dall'esigenza di intervenire in modo costruttivo e attivo sulla realtà per il gusto di vivere situazioni reali e allargare le proprie esperienze. Secondo Vygotskij il gioco è un'attività basilare per lo sviluppo intellettivo e, nella prima infanzia, la più importante. Questo è il modo più efficiente per sviluppare il pensiero astratto: il bambino a questa età si crea delle situazioni immaginarie per superare i limiti delle sue possibilità di azione concreta e reale. La percezione dell'oggetto è totalmente associata all'azione che il bambino può compiere su di esso, per es., la porta che si apre e si chiude, il cavallo che cavalca; con il gioco di immaginazione il bambino per la prima volta separa un oggetto dalle sue azioni o dalle sue proprietà. Il bambino quindi ha bisogno di un oggetto concreto che in qualche modo renda possibile l'azione ed evochi realisticamente l'oggetto che vuole rappresentare. Per questa ragione l'oggetto usato nel gioco ha sempre, anche se in maniera limitata, qualche proprietà che l'oggetto intende evocare. Bruner considera il gioco intanto "un modo per minimizzare le conseguenze delle azioni e quindi apprendere in una situazione meno rischiosa"; inoltre gli appare come "una buona occasione per tentare nuove combinazioni comportamentali che non potrebbero essere tentate sotto pressione funzionale". In questi giochi di finzione, del "fare finta che...", il bambino segue inizialmente un impulso puramente imitativo, che lo aiuta a varcare i limiti dell'infanzia, per proiettarsi nel mondo degli adulti, e impersonarne i ruoli.
Fonte: http://www.infanziaweb.it/scuola/sc_gioc_simb.htm
mercoledì 21 aprile 2010
"FAR FINTA DI...."
Da molti studi riguardanti l’osservazione è emerso che già all’età di 8-10 mesi, nei bambini iniziano a crearsi delle preferenze per alcuni coetanei con cui hanno trascorso più tempo, che hanno avuto atteggiamenti amichevoli nei loro confronti e che hanno imparato a conoscere al nido. I bambini così si impegnano a creare un mondo comune e condiviso. Una coppia di bambini che gioca compie un passo che si può definire evolutivo in quanto cominciano a comprendere la società. Per capire come nasce un’amicizia è importante considerare le modalità di cooperazione dei bambini: a 18 mesi osservano il comportamento del compagno e poi cercano di imitarlo e di sottolineare con entusiasmo il fare la stessa cosa del compagno. Succesivamente i bambini cercano di collaborare al gioco con nuove idee essendo consapevoli di essere imitati e man mano che ci si avvicina ai due anni più si sviluppano le capacità di pensare, pianificare e coordinare le azioni anche verso gli altri bambini. Tutto questo per arrivare a esporre che tra i 18-24 mesi il bambino ottiene delle capacità simboliche in cui è in grado di pensare a delle “alternative” ipotetiche rispetto alla realtà che lo circonda e per questo subentra il gioco simbolico ( “far finta di”). Questo permette di distinguere che esiste uno stato reale e una rappresentazione mentale ed è dunque la capacità di comprendere gli stati mentali di un’altra persona: il bambino così coordina la sua finzione con quella dell’altra persona poichè deve quindi collegare le proprie azioni a quelle che finge di fare l’altro, ma che effettivamente sta facendo. In questo tipo di gioco i bambini assumono un’identità diversa da quella che dovrebbe essere la reale e giocano in modo appropriato con tale ruolo, ma sono anche capaci di esplicitare che essi stanno facendo tutto ciò “per finta”.
Fra i 24 e i 30 mesi, le azioni giungono ad un livello di complementarietà di ruoli es. Mamma-bambino o dottore-paziente. I piccolini così cominciano a sperimentare nuove emozioni che possono essere sia negative che positive ( paure, entusiasmo, piacere...) oltre che condividere un mondo immaginario con una storia inventata. Le emozioni all’interno del gioco immaginario, permettono di affrontare le paure, senza i pericoli del mondo reale.
Fonte: Rivista Mondo Zero3
domenica 18 aprile 2010
Valorizzazione del gioco
II gioco costituisce una risorsa privilegiata di apprendimento e di relazioni. Esso infatti favorisce rapporti attivi e creativi sul terreno sia cognitivo che relazionale, consente al bambino di trasformare la realtà secondo le sue esigenze interiori, di realizzare le sue potenzialità e di rivelarsi a se stesso e agli altri in una molteplicità di aspetti e di funzioni. L'educatrice, evitando facili improvvisazioni, invia al bambino, attraverso la ricchezza e la varietà delle offerte e delle proposte di gioco, una vasta gamma di messaggi e di stimolazioni, utile alla strutturazione ludiforme dell'attività didattica nei diversi campi di esperienza". Esistono varie forme praticabili di gioco: giochi liberi a quelli con regole, dai giochi di esercizio a quelli programmati, dai giochi imitativi a quelli popolari e tradizionalil, dai giochi con materiali a quelli simbolici. Froebel scrisse che il gioco è la vita stessa del bambino, è il modo di essere e di fare esperienza dei bambini che soddisfa una vasta serie di esigenze contrapposte: fare, esplorare, conoscere, liberarsi delle energie superflue, misurarsi con se stesso e con le cose, comunicare, esprimersi, socializzare. Attraverso il gioco il bambino si esprime con la propria personalità mescolando elementi magici e fantastici con quelli reali tentando di riprodurre, imitare, ripetere, impersonificare, ma anche tentando di realizzarsi e divertirsi. Il gioco oggi viene delineato non solo come momento di socializzazione, gioioso e di libero sfogo, ma anche come uno spazio-tempo in cui il bambino coordinato dall'insegnante compie conquiste cognitive. Nella scuola dell'infanzia il gioco deve essere inteso come risorsa privilegiata di apprendimenti e di relazioni, ossia come il modo specifico del bambino di rapportarsi alla realtà. Per valorizzare il gioco è indispensabile un ambiente che consenta ai bambini che arrivano a scuola di trovare materiali e persone disponibili a rapportarsi non secondo schemi prestabiliti, ma seguendo modalità flessibili e spontanee. I diversi luoghi in cui si svolgono i giochi possono essere utili per aiutare i bambini a vivere situazioni positive e a realizzare i propri obiettivi di crescita. Ma non tutti i giochi sono adatti per raggiungere gli stessi obiettivi. Alcuni giochi si accordano ad un campo di esperienza particolare, altri giochi sono più consoni ad altri campi. Ogni esperienza di gioco dei bambini porta a sviluppare certe competenze e ad acquisire precise sicurezze importanti per l'identità. Ma il gioco non è solo quello organizzato, ma anche quello spontaneo o gioco simbolico.
Fonte: http://www.infanziaweb.it/scuola/sc_gioc_simb.htm
venerdì 19 marzo 2010
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