mercoledì 21 aprile 2010
"FAR FINTA DI...."
Da molti studi riguardanti l’osservazione è emerso che già all’età di 8-10 mesi, nei bambini iniziano a crearsi delle preferenze per alcuni coetanei con cui hanno trascorso più tempo, che hanno avuto atteggiamenti amichevoli nei loro confronti e che hanno imparato a conoscere al nido. I bambini così si impegnano a creare un mondo comune e condiviso. Una coppia di bambini che gioca compie un passo che si può definire evolutivo in quanto cominciano a comprendere la società. Per capire come nasce un’amicizia è importante considerare le modalità di cooperazione dei bambini: a 18 mesi osservano il comportamento del compagno e poi cercano di imitarlo e di sottolineare con entusiasmo il fare la stessa cosa del compagno. Succesivamente i bambini cercano di collaborare al gioco con nuove idee essendo consapevoli di essere imitati e man mano che ci si avvicina ai due anni più si sviluppano le capacità di pensare, pianificare e coordinare le azioni anche verso gli altri bambini. Tutto questo per arrivare a esporre che tra i 18-24 mesi il bambino ottiene delle capacità simboliche in cui è in grado di pensare a delle “alternative” ipotetiche rispetto alla realtà che lo circonda e per questo subentra il gioco simbolico ( “far finta di”). Questo permette di distinguere che esiste uno stato reale e una rappresentazione mentale ed è dunque la capacità di comprendere gli stati mentali di un’altra persona: il bambino così coordina la sua finzione con quella dell’altra persona poichè deve quindi collegare le proprie azioni a quelle che finge di fare l’altro, ma che effettivamente sta facendo. In questo tipo di gioco i bambini assumono un’identità diversa da quella che dovrebbe essere la reale e giocano in modo appropriato con tale ruolo, ma sono anche capaci di esplicitare che essi stanno facendo tutto ciò “per finta”.
Fra i 24 e i 30 mesi, le azioni giungono ad un livello di complementarietà di ruoli es. Mamma-bambino o dottore-paziente. I piccolini così cominciano a sperimentare nuove emozioni che possono essere sia negative che positive ( paure, entusiasmo, piacere...) oltre che condividere un mondo immaginario con una storia inventata. Le emozioni all’interno del gioco immaginario, permettono di affrontare le paure, senza i pericoli del mondo reale.
Fonte: Rivista Mondo Zero3
domenica 18 aprile 2010
Valorizzazione del gioco
II gioco costituisce una risorsa privilegiata di apprendimento e di relazioni. Esso infatti favorisce rapporti attivi e creativi sul terreno sia cognitivo che relazionale, consente al bambino di trasformare la realtà secondo le sue esigenze interiori, di realizzare le sue potenzialità e di rivelarsi a se stesso e agli altri in una molteplicità di aspetti e di funzioni. L'educatrice, evitando facili improvvisazioni, invia al bambino, attraverso la ricchezza e la varietà delle offerte e delle proposte di gioco, una vasta gamma di messaggi e di stimolazioni, utile alla strutturazione ludiforme dell'attività didattica nei diversi campi di esperienza". Esistono varie forme praticabili di gioco: giochi liberi a quelli con regole, dai giochi di esercizio a quelli programmati, dai giochi imitativi a quelli popolari e tradizionalil, dai giochi con materiali a quelli simbolici. Froebel scrisse che il gioco è la vita stessa del bambino, è il modo di essere e di fare esperienza dei bambini che soddisfa una vasta serie di esigenze contrapposte: fare, esplorare, conoscere, liberarsi delle energie superflue, misurarsi con se stesso e con le cose, comunicare, esprimersi, socializzare. Attraverso il gioco il bambino si esprime con la propria personalità mescolando elementi magici e fantastici con quelli reali tentando di riprodurre, imitare, ripetere, impersonificare, ma anche tentando di realizzarsi e divertirsi. Il gioco oggi viene delineato non solo come momento di socializzazione, gioioso e di libero sfogo, ma anche come uno spazio-tempo in cui il bambino coordinato dall'insegnante compie conquiste cognitive. Nella scuola dell'infanzia il gioco deve essere inteso come risorsa privilegiata di apprendimenti e di relazioni, ossia come il modo specifico del bambino di rapportarsi alla realtà. Per valorizzare il gioco è indispensabile un ambiente che consenta ai bambini che arrivano a scuola di trovare materiali e persone disponibili a rapportarsi non secondo schemi prestabiliti, ma seguendo modalità flessibili e spontanee. I diversi luoghi in cui si svolgono i giochi possono essere utili per aiutare i bambini a vivere situazioni positive e a realizzare i propri obiettivi di crescita. Ma non tutti i giochi sono adatti per raggiungere gli stessi obiettivi. Alcuni giochi si accordano ad un campo di esperienza particolare, altri giochi sono più consoni ad altri campi. Ogni esperienza di gioco dei bambini porta a sviluppare certe competenze e ad acquisire precise sicurezze importanti per l'identità. Ma il gioco non è solo quello organizzato, ma anche quello spontaneo o gioco simbolico.
Fonte: http://www.infanziaweb.it/scuola/sc_gioc_simb.htm
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